mercoledì 30 dicembre 2009

La pena di morte in Arabia Saudita [04]

Le persone provenienti da paesi in via di sviluppo del Medioriente, dell'Asia e dell'Africa come Siria, Yemen, Pakistan e Nigeria, sono particolarmente a rischio di esecuzione in Arabia Saudita. La loro è una posizione estremamente vulnerabile nella società, dove sono fortemente discriminati.

Sono due i fattori che alimentano questa situazione: i lavoratori stranieri sono più colpiti dalla segretezza e dalla sommarietà dei processi e hanno meno probabilità di ottenere il perdono; se arrestati, gli stranieri provenienti da determinate nazioni vanno maggiormente incontro alla possibilità di essere indotti a firmare confessioni con l'inganno o con la forza, essendo queste scritte in arabo, lingua che potrebbero non capire.

Gli stranieri sono di frequente torturati o comunque maltrattati e raramente hanno accesso all'assistenza del consolato, dei legali, di amici o familiari (che in molti casi non si trovano nemmeno nel paese). Questo tipo di isolamento fa si che, nella maggior parte dei casi, queste persone non abbiano alcun sostegno nel corso del processo e nella richiesta di commutazione o riduzione della pena.

lunedì 28 dicembre 2009

Momenti straordinari

Questo momento è stato straordinario. Ero lì, immobile e gelato, immerso in un'estasi orribile. Ma nel senso stesso di quest'estasi era nato qualcosa di nuovo: comprendevo la Nausea, ora, la possedevo. A dire il vero, non mi formulavo la mia scoperta. Ma credo che ora mi sarebbe facile metterla in parole. L'essenziale è la contingenza. Voglio dire che, per definizione, l'esistenza non è la necessità. Esistere è esser lì, semplicemente; gli esistenti appaiono, si lasciano incontrare, ma non li si può mai dedurre.

C'è qualcuno, credo, che ha compreso questo. Soltanto ha cercato di sormontare questa contingenza inventando un essere necessario e causa di sé. Orbene, non c'è alcun essere necessario che può spiegare l'esistenza: la contingenza non è una falsa sembianza, un'apparenza che si può dissipare; è l'assoluto, e per conseguenza la perfetta gratuità.

Tutto è gratuito, questo giardino, questa città, io stesso. E quando vi capita di rendervene conto, vi si rivolta lo stomaco e tutto si mette a fluttuare, come l'altra sera al «Ritrovo dei ferrovieri»: ecco la Nausea.

(Jean-Paul Sartre, "La nausea")

sabato 26 dicembre 2009

Revisionismi

Naturalmente, cuore di ogni revisione resta il giudizio sull'antifascismo, e cioè sulle idee fondanti della Repubblica Italiana. Qui si è manifestato con maggior vigore uno dei fenomeni che hanno accompagnato le fortune di Silvio Berlusconi: il "pentitismo" di non pochi esponenti, veri o presunti, della sinistra. Tra i sostenitori del premier si contano a dozzine gli ex comunisti, gli ex antifascisti, gli ex militanti dell'estrema sinistra. Nel campo del revisionismo storico, sono stati costoro a giocare un ruolo fondamentale.

Un caso tipico è quello del giornalista Giampaolo Pansa. Con un passato di antifascista, collaboratore del settimanale di sinistra (più un tempo che oggi) L'Espresso, si è specializzato in volumi, partoriti a getto continuo, sui "crimini" della Resistenza. La documentazione è dubbia o lacunosa, le imprecisioni sono innumerevoli, ogni episodio è isolato dal contesto. Ma ciò non conta, rispetto allo scopo; che non è rivalutare il fascismo, quanto fare tabula rasa di ogni sistema di valori e di ogni valutazione autenticamente storica, sostituita da una sorta di cronaca nera a posteriori.

Un sistema già adottato, da parte della sinistra moderata, nei confronti dei sommovimenti sociali degli anni '70, letti solo in base al concetto di legalità, strappati al quadro temporale, ridotti a fatti di interesse solamente giudiziario – fino ad approdare, nei casi peggiori, alle teorie cospirative che sono il surrogato, in ambito neoliberale, della filosofia della storia.

È triste dirlo, ma la "nuova destra" italiana non sarebbe mai sorta senza il concorso attivo della sinistra.

(Valerio Evangelisti, "L'autunno del patriarca")

giovedì 24 dicembre 2009

Dittatura del proletariato

«"Socializzeremo tutto, eccetto i barbieri"» disse Paolo Ferrero, esausto, posando l'AK 47 su un tavolo del Viminale. «È una frase bellissima. Lenin?» Chiese Oliviero Diliberto, mentre cercava di togliere la polvere dalla divisa grigio verde.
Alle sue spalle Marco Rizzo, suo eterno contestatore, stava posando con precauzione il bazooka. «Ma che stronzata. Lenin non si è mai occupato di barbieri. Sarà un altro teorico.»
«Infatti» sorrise Ferrero. «Si tratta di Mario Tanassi, segretario del Partito Socialdemocratico prima di Mani Pulite.»

«Perché i barbieri no?» chiese Diliberto.
«Tanassi rettificò durante una Tribuna Politica. Anche i barbieri erano da socializzare.»

Il dialogo si svolgeva mentre nelle strade si combatteva ancora. Le milizie del CPO Gramigna avevano ormai preso Montecitorio. Quelle del Crash di Bologna occupavano tutta l'area da ponte Milvio a piazza del Popolo. Il Vittoria di Milano presidiava la stazione Termini. Il colpo di Stato fascista era fallito, si combatteva in ogni città italiana. A tutti era chiaro che a Roma si svolgeva la battaglia decisiva, specie dopo la fuga del Papa ad Avignone.

Nei cortili giungeva il fragore delle fucilazioni. «Questo deve essere Gasparri, oppure La Russa» osservò Ferrero, rassegnato.
«No, è D'Alema» disse secco Ferrando, che entrava in quel momento. «Come ultimo desiderio ha chiesto di avere l'estremo rapporto carnale con Berlusconi. Non è stato possibile accontentarlo.»

Si curvarono tutti sulla carta geografica, come se potesse fornire chissà quali risposte. Ferrero guardò da sotto gli occhiali, che erano scesi sulla punta del naso, come sempre. La forma del suo naso era adatta allo scopo. «Adesso si tratta di realizzare il comunismo. Qualche idea?»
Fernando parlò con sicurezza. «A ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue possibilità. È facile.»
«Facile?» Ferrero rialzò gli occhiali. Era la prima volta in vita sua che lo faceva. «Barbieri a parte, chi potrebbe gestire enormi complessi industriali? E le ferrovie? Le telecomunicazioni? Gli impianti siderurgici?»
«Forse dovremmo sentire Toni Negri» propose Sergio Bologna dal fondo della sala. «Lui aveva il merito di idee ben precise.»
Ferrero annuì. «Ottima proposta. Portatemi qua Negri. O magari Casarini.»
Ferrando assunse un'espressione desolata. «Fucilati tutti e due. Pochi minuti fa.»

«Ma perché?»
«Il comitato di salute pubblica li ha definiti deviazionisti. Sostenevano l'assimilazione degli ex ceti medi al proletariato.»
Senza dare nell'occhio, Sergio Bologna infilò la porta.

Ferrero sospirò e scartò la mappa. «Basta. Dobbiamo fare il comunismo. Siamo nella fase transitoria definita "dittatura del proletariato". Non c'è che lo Stato che possa gestire strutture produttive di grande ampiezza. È il socialismo. A ciascuno secondo il suo lavoro, da ciascuno secondo le sue capacità.» Guardò Ferrando. «Dico bene?»
«In teoria si» rispose il leader trotzkista «però sarebbe capitalismo di Stato. Nulla a che vedere con il comunismo.»
«D'accordo, però a chi faremo gestire i grandi impianti?»
«Si può pensare a soviet di lavoratori che eleggano il loro manager.»
«Per un periodo transitorio.»
«Certo, transitorio.»

Si fece avanti Marco Rizzo. «Se permettete, andrebbe individuato un capitalista che guidi mezzi di informazione, attività finanziarie, ma anche sistemi di comunicazione, gruppi assicurativi. Il soviet voterebbe per lui come primo manager, a larga maggioranza. Lo fecero anche in Russia, durante la NEP.»
Ferrero scosse il capo. «Non esiste un tipo così.»
«Sì che esiste» disse Ferrando. «Silvio Berlusconi.»
«Non l'hai già fucilato?»
«No. E lì in cortile che aspetta il plotone d'esecuzione.»
«Portalo qui subito!»

Poco dopo Berlusconi faceva il suo ingresso scortato da due guardie dell'Officina 99 di Napoli. Diliberto gli lanciò un'occhiata carica di disprezzo. L'ex Presidente del Consiglio appariva invecchiato e affaticato: tuttavia non mancava di vivacità.
«Eccolo qua, il fascista.»
«Mai stato fascista, non credete alle calunnie dei giornali.» Berlusconi si frugò sotto la giacca tutta spiegazzata. «Posso anzi mostrarvi la tessera del partito bielorusso Comunisti per la Democrazia, firmata dal compagno Lukashenko in persona.»
«Non ci basta» replicò Diliberto, a muso duro.
«Non siate ingrati. Quando tutti sostenevano che i comunisti non esistevano più, ero l'unico a dire che c'eravate ancora.»
L'osservazione colpì positivamente tutti i presenti. Ferrero finì con l'annuire. «C'è un fondo di verità. Ma non è sufficiente a salvarle la vita.»
Berlusconi non si lasciò smontare. «Cosa diceva il compagno Lenin? Che il comunismo sono i soviet più l'elettrificazione. Voi mettete i soviet io l'elettrificazione. Credetemi, sarò un presidente proletario.»
Ferrando, che sembrava il più perplesso, parve convincersi: si accarezzò la barba che non pettinava da trent'anni.
«Be', si può provare» mormorò.
«Sì, sono d'accordo» disse Rizzo.
Ferrero guardò Diliberto, che gli fece un cenno di consenso. «E sia.»

Chiamò un miliziano del CPO Gramigna. «Metti quest'uomo in libertà. Fallo scendere in cortile.»
«Subito!» Il miliziano accompagnò Berlusconi alla finestra e lo gettò di sotto. Si udirono un urlo e un tonfo.
«Ma che ti prende?» urlarono tutti.
Il miliziano tolse la pistola dalla fondina e la brandì. «Compagni, la dittatura del proletariato è finita. Inizia la fase successiva. Quella dell'estinzione dello Stato.»


(Valerio Evangelisti)

martedì 22 dicembre 2009

Hanno la faccia come il culo/6

Molti di quanti mi danno la solidarietà per quel che sapete mi domandano: "Ma perché l'altra sera, quando Vespa ti ha chiamato per replicare a Bondi e Matteoli che ti additavano come mandante dell'attentato a Berlusconi, hai rifiutato?". Immaginano, gl'ingenui, che io fossi in poltrona a delibarmi "Porta a Porta" e che, appena s'è cominciato a parlare di me, lo squisito conduttore mi abbia raggiunto al telefono per darmi il diritto di replica. Non è così. È bene che si sappia come il signorino intende il "contraddittorio".

Intorno alle 18 mi chiama una redattrice del programma: "Vespa le chiede se vuole intervenire in trasmissione. Sa, si parla di lei, abbiamo trasmesso alcuni stralci del suo Passaparola dal blog di Grillo, ci sono Bondi e Matteoli". Cado dalle nuvole: avranno retrocesso "Porta a Porta" al pomeriggio? No, è tutto registrato. Ciò che si dice nel dibattito lo sanno solo le persone presenti in studio (dove, comprensibilmente, non ho mai avuto la fortuna di metter piede: Vespa dice che preferisce incontrarmi in tribunale, dove – per la cronaca – mi fece una causa e la perse).

Domando alla gentile collega: "A che cosa dovrei replicare, visto che non so che cosa si sta dicendo e quali mie frasi avete estrapolato da mezz'ora di Passaparola?". La giovine è imbarazzata: "Posso riassumere io". Ribatto: "Mi auguro che abbiate montato una delle tante condanne dell'attentato disseminate in tutto il Passaparola onde evitare montaggi tendenziosi. Per il resto, se volete sentirmi, invitatemi in studio, nelle stesse condizioni degli altri ospiti. Per ora, cantatevela e suonatevela da soli".

Scoprirò poi che Vespa mi aveva allestito un processo in contumacia, dal titolo "Di chi la colpa?". Mia, si capisce: per le cose che avrei detto dopo, e non prima dell'attentato.


Chi volesse saperne di più sulla correttezza professionale di questo individuo non ha che da leggere Panorama, house organ della famiglia Berlusconi dove il conduttore più indipendente e imparziale della Rai ha una rubrica fissa, edita dalla Mondadori che gli pubblica i libri e gli mantiene pure il fratello Stefano, mentre nel governo Berlusconi lavora la moglie Augusta Iannini, capufficio legislativo del ministero della Giustizia: tutte le leggi vergogna partorite da Angelino Jolie passano per le auguste manine.

(Marco Travaglio)

domenica 20 dicembre 2009

La pena di morte in Arabia Saudita [03]

L'Arabia Saudita applica la pena di morte nei confronti di minorenni in aperta violazione dei suoi obblighi in quanto Stato parte sia del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR), sia della Convenzione sui diritti dell'infanzia (CRC).

Nonostante sia uno Stato parte della CRC, l'Arabia Saudita non ha direttive chiare che impediscano l'applicazione della pena di morte nei confronti dei minorenni. È a discrezione dei giudici stabilire se un ragazzo è maggiorenne o meno, decidendo quindi l'età a partire dalla quale si viene considerati responsabili di un reato.

Secondo le informazioni in possesso di Amnesty International, sembra che il Shoura Council - un organo i cui membri sono nominati dal Re per consigliarlo in materia legislativa - abbia approvato una proposta di legge che innalza la maggiore età a diciotto anni. Tuttavia questa legge deve ancora essere vagliata dal Consiglio dei ministri e ricevere l'approvazione finale dal Re prima che possa entrare in vigore.

Nel 2007, le osservazioni conclusive del rapporto sull'Arabia Saudita del Comitato sui diritti dell'infanzia, riportavano e sottolineavano le affermazioni della delegazione saudita secondo le quali le autorità non avrebbero messo a morte minorenni. Nel 2006, le autorità saudite avevano indicato al CRC che non era stata eseguita nessuna condanna a morte di minorenni. Tuttavia Amnesty International ha documentato molti casi di minorenni condannati alla pena capitale e, in alcuni casi, messi a morte. Il 21 luglio 2007 Dahayan Rakan al-Subai'i è stato decapitato nel Governatorato di Taif, nell'Arabia Saudita occidentale: quando commise il reato per il quale era stato condannato aveva circa sedici anni.

A causa della segretezza che circonda il sistema penale in Arabia Saudita, non è possibile stabilire con certezza il numero esatto di imputati minorenni all'epoca del reato condannati a morte e attualmente presenti nelle prigioni saudite.

venerdì 18 dicembre 2009

★ Effetti collaterali

Ultima riunione dell'anno, per un saluto informale il gruppo si riunisce a casa del capo.

Arrivo coi miei soliti dieci minuti di anticipo che spendo per sistemare il mezzo: adocchio un bel palo e ci parcheggio vicino, valutando bene la distanza della ruota posteriore in modo da poter usare agevolmente la catena.

Mentre sono chinato ad armeggiare col lucchetto passano due coppie, gli uomini davanti e le donne dietro, staccate di qualche metro. Over sessanta, forse settanta, cappotti, pellicce, cappelli a tesa larga.

Le donne parlottano e una delle due fa all'altra: - Dopo questa io voterò per sempre Berlusconi.

mercoledì 16 dicembre 2009

L'occasione per star zitti

Quello che è avvenuto, l'aggressione a Berlusconi, la contestazione organizzata e aggressiva di ben due manifestazioni a Milano, le migliaia di solidarietà a Tartaglia su Facebook, sono il segno che stanno penetrando nel profondo di settori fortunatamente assai minoritari della nostra società i veleni prodotti dalla campagna di odio iniziata fin dal 1994.

In questa campagna di odio non è vero che siamo tutti uguali perché essa è da sempre concentrata contro una sola persona: contro Silvio Berlusconi.

Essa si è avvalsa nel corso degli anni dei materiali più diversi. Ultimamente essa è ripartita dal gossip, ma poi si è concentrata su due accuse infamanti e terribili: la mafiosità e la responsabilità delle stragi nel '92-'94.

A condurre questa campagna è un network composto dal gruppo editoriale "Repubblica-Espresso", da quel mattinale delle Procure che è "Il Fatto", da una trasmissione televisiva condotta da Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio; da alcuni pubblici ministeri che hanno nelle mani alcuni processi fra i più delicati sul terreno del rapporto mafia-politica e che nel contempo vanno nei più vari talk-show televisivi a demonizzare Berlusconi; da un partito, l'"Italia dei valori", il cui leader Di Pietro sta in questi giorni evocando la violenza quasi voglia tramutare lo scontro politico durissimo in atto in guerra civile fredda e poi questa in qualcosa di più drammatico.

(Fabrizio Cicchitto, tessera P2 n. 2232, Capogruppo alla Camera del PdL. Intervento a Montecitorio)

lunedì 14 dicembre 2009

La pena di morte in Arabia Saudita [02]

L'Arabia Saudita continua a imporre la pena di morte per un gran numero di reati, tra cui quelli privi di conseguenze letali come il traffico di droga, l'apostasia e la stregoneria. Reati a sfondo sessuale, come l'adulterio commesso da persone sposate, sono anch'essi punibili con la pena capitale. Altri reati che la prevedono sono quelli legati al terrorismo, la sodomia, il coinvolgimento in una ribellione e il reato di corruzione sulla terra, definizione utilizzata nel Codice penale islamico quando vengono compiuti contemporaneamente più reati gravi.

In Arabia Saudita le condanne a morte sono comminate dopo procedimenti sommari molto lontani dagli standard internazionali sul giusto processo: un gran numero di persone sono messe a morte ogni anno dopo processi fortemente iniqui.

Di solito le udienze sono segrete e gli imputati possono essere condannati anche solo in base a confessioni, spesso estorte con violenza, tortura o inganni nel periodo di detenzione prima del processo. A molti imputati non è consentito di difendersi da soli o di beneficiare di assistenza legale sia prima che durante il processo.

In Arabia Saudita esiste la possibilità di ricorrere in appello, tuttavia questo non fornisce adeguate garanzie che un giudice più alto in grado riveda equamente le procedure, le accuse e le sentenze di una corte di grado inferiore. Di conseguenza non c'è quasi protezione dai fallimenti della giustizia.

sabato 12 dicembre 2009

★ Sofia e Berlusconi

- Papà, ieri sono andata dalla maestra e le ho chiesto: "Maestra, mio papà dice che Berlusconi fa delle leggi brutte: è vero?".
- Ah. E lei cosa ti ha detto?
- Ha detto che hai ragione, fa delle leggi che fanno schifo.

giovedì 10 dicembre 2009

La pena di morte in Arabia Saudita [01]

L'Arabia Saudita ha uno dei più alti tassi di esecuzione al mondo. Nel 2008, almeno 102 persone sono state messe a morte in questo paese. Una quarantina di esse erano straniere, provenienti per lo più da paesi in via di sviluppo delle regioni asiatiche, africane e mediorientali, tra cui Siria, Yemen, Pakistan e Nigeria. Nel 2007, sono state almeno 158 le persone messe a morte, mentre nel 2006 Amnesty International ha registrato almeno 39 esecuzioni.

Amnesty International è a conoscenza dei nomi di almeno 137 detenuti attualmente a rischio di esecuzione in Arabia Saudita, tra cui almeno 10 minorenni all'epoca del reato, ma il numero esatto di persone accusate di reati capitali, al momento sconosciuto, potrebbe essere molto più alto.

Le esecuzioni sono spesso annunciate in via ufficiale, tuttavia le sentenze emesse dalle Corti non sono rese pubbliche. A volte, sia i detenuti che le loro famiglie vengono a sapere della condanna a morte solo all'ultimo momento, quando l'esecuzione sta per essere attuata.

martedì 8 dicembre 2009

Preghiera dell'8 dicembre

O Maria, che hai concepito senza peccare, fa che io pecchi senza concepire.

[L'Immacolata Concezione è un dogma cattolico, proclamato da papa Pio IX l'8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, che sancisce come la Vergine Maria sia stata preservata immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.
Molti, per un equivoco originato dall'espressione "Immacolata Concezione", ritengono erroneamente che si riferisca al fatto che Maria abbia concepito suo figlio Gesù senza avere avuto rapporti con un uomo, cioè in maniera miracolosa.
Da altri, invece, il dogma della Immacolata Concezione viene confuso con un ulteriore dogma insegnato dalla Chiesa, che afferma che la Madre del Redentore, dopo aver concepito suo figlio, è rimasta sempre vergine, prima, durante e dopo il parto.]

domenica 6 dicembre 2009

Perché?

- Perché Berlusconi è Presidente del Consiglio?
- È Presidente del Consiglio perché una buona parte degli Italiani è antidemocratica. Una buona parte degli Italiani è stata fascista e lo è ancora.

(Giorgio Bocca, intervista per il No B. Day)

venerdì 4 dicembre 2009

Hanno la faccia come il culo/5

Il ministro Brunetta ha ragione: i conduttori televisivi vanno sottotitolati con i rispettivi stipendi. A pensarci prima, poteva invitare i consiglieri di maggioranza nel Cda Rai a bocciare l'incredibile contratto del pensionato Bruno Vespa, che guadagna quasi dieci volte la Gabanelli. Ma lui la lotta agli sprechi la fa così: prima li lascia passare, poi li mette nei titoli di coda. Ora però, sempre in nome della agognata trasparenza, Brunetta deve completare l'opera e sottotitolare anche gli ospiti dei talk show, a cominciare dai politici, con una sintesi di tutto ciò che i cittadini devono sapere di loro.

Si potrebbe cominciare da uno a caso: Brunetta. Possibili sottotitoli: "Combatte l'assenteismo, ma al Parlamento europeo era assente una volta su due (51,79%)"; "Combatte gli sprechi, ma era consulente economico del governo Craxi che in quattro anni portò il debito pubblico dal 70 al 92% del Pil"; "È per la trasparenza, ma era consulente di Gianni De Michelis e, dopo che questo fu condannato per finanziamento illecito e corruzione, lo nominò consulente al ministero"; "Definisce il Csm 'un mostro', dice 'sinistra di merda', 'basta con il culturame dei cineasti parassiti', 'poliziotti panzoni', 'giudici fannulloni', 'me ne frego della Cgil', insulta persino Tremonti, poi vuole imporre per legge la gentilezza e la cortesia nella Pubblica amministrazione"; "Dice che, se non si fosse buttato in politica, avrebbe vinto il premio Nobel per l'Economia, infatti ha vinto il premio Rodolfo Valentino"; "Il suo motto è: esclusi i presenti".

Si potrebbe poi proseguire con alcuni suoi colleghi dal curriculum particolarmente avvincente.

Roberto Maroni: "Condannato per resistenza a pubblico ufficiale per aver picchiato alcuni poliziotti durante una perquisizione e azzannato il polpaccio a uno di essi durante la caduta, è ministro dell’Interno per competenza anche gastronomica in materia di polizia".

Mara Carfagna: "Omissis, tanto ci siamo capiti".

Michela Vittoria Brambilla: "Imprenditrice del ramo mangimi per pesci, nota per aver mandato a picco Il Giornale della Libertà e la Tv della Libertà con un buco di venti milioni in un solo anno, ora si dedica al Turismo, l'unica attività ancora vagamente funzionante nel paese, ovviamente prima del suo arrivo".

Maurizio Sacconi: "Fa il ministro del Welfare e della Salute, sebbene sua moglie sia direttore generale di Farmindustria, o forse proprio per questo".

Mariastella Gelmini: "Nemica acerrima delle promozioni facili, si recò a Reggio Calabria per sostenere l'esame di Stato da avvocato, essendo lei di Brescia".

Altero Matteoli: "Imputato per favoreggiamento di un prefetto, non lo è più perché il Parlamento l'ha assolto".

Stefania Prestigiacomo: "Indagata per peculato dopo aver usato la carta di credito ministeriale per lo shopping".

Claudio Scajola: "Definì Marco Biagi, appena ammazzato dalle Br, 'rompicoglioni' e ancora parla".

Roberto Calderoli: "Amico intimo di Gianpiero Fiorani, sposato con rito celtico, dunque strenuo difensore di Santa Romana Chiesa e del crocifisso nelle scuole".

(Marco Travaglio)

mercoledì 2 dicembre 2009

★ La prigionia di Stephan [NDT 09]

Stephan è stato imprigionato nel covo dei goblin Teschio di Lupo per qualche tempo insieme ad altre persone. Golthar, interrogandolo, ha intuito che potesse sapere qualcosa degli Arazzi Sacri e lo ha fatto trasferire a Xitaqa per lavorarselo con calma.

Stephan, dal canto suo, durante l'interrogatorio ha capito che l'Arazzo che cerca Golthar è appeso nel salone principale di Sukiskyn da chissà quanto tempo, senza che nessuno della sua famiglia sospetti alcunché. E soprattutto è riuscito ad apprendere come attivarlo affinché riveli la strada verso la Valle Perduta. Ora è intenzionato a non cedere a Golthar, in modo da poter mettere lui stesso le mani sui tesori degli Hutaaka.